IL CLIMA È SEMPRE CAMBIATO
con o senza umani e ogni volta in modo diverso
È la natura e non l'uomo che regola il clima
Nel corso dei suoi 4,6 miliardi di anni, il nostro pianeta ha subito continue e profonde variazioni climatiche che hanno visto l'alternarsi di Ere glaciali (con la scomparsa di ogni forma di vita) e periodi caldi con temperature anche superiori a quelle attuali cui ha corrisposto, come nel caso del cosiddetto "Caldo Romano", un notevole sviluppo dell'agricoltura e dei commerci. Non dobbiamo quindi meravigliarci se al nostro tempo il clima cambia. Le cause vanno ricercate nei cosiddetti "Cicli Millenari" (detti anche di Milanković) che periodicamente modificano il rapporto astronomico/astrofisico tra il pianeta Terra e il Sistema Solare. Di queste variazioni climatiche l'uomo è semplice spettatore.
L'uomo è certamente responsabile dell'inquinamento dell'aria, dei mari e del degrado del suolo, ma affermare che è anche responsabile del cambiamento climatico farebbe sorridere, se non fosse per le scellerate politiche dei governi che di verde hanno solo il colore dei dollari.
La narrazione secondo cui sarebbero le emissioni di anidride carbonica, in quanto gas serra, a causare il riscaldamento globale non ha alcuna base scientifica e basta un semplice dato a dimostrarlo.
La percentuale di CO2 presente in atmosfera è dello 0,04%. Di questa percentuale, di per sé insignificante, la componente di origine antropica, cioè prodotta dalle attività umane, oscilla tra il 4 e il 5%. Ne risulta un irrilevante 0,0016% di tutti i gas presenti in atmosfera.
Come possa una così modesta quantità di anidride carbonica portare alla prossima distruzione del pianeta e alla scomparsa del genere umano lo può sostenere solo chi non conosce (o finge di non conoscere) le nozioni di base della scienza oppure persegue interessi poco chiari.
Per inciso, il vero responsabile dell'effetto serra - senza il quale la temperatura del pianeta sarebbe di almeno 15 gradi inferiore di quella attuale - è il vapore acqueo (e in misura minore le nubi d'alta quota) derivante in massima parte dall'evaporazione dei mari.
I sostenitori della teoria antropica del riscaldamento globale affermano che l'amento della concentrazione di CO2 causerebbe un innalzamento della temperatura. È vero il contrario: è l'aumento della temperatura che provoca l'aumento dell'anidride carbonica, attraverso una maggiore evaporazione dei gas disciolti negli oceani, che sono i più grandi depositi di CO2.
Oltre il 90% della cosiddetta "comunità scientifica" sostiene la tesi antropica del cambiamento climatico. Vero, peccato si riferisca ai soli scienziati interpellati e precedentemente selezionati. Gli studiosi che contestano questa congettura non hanno voce, nemmeno quando si tratta di premi Nobel.
Questo saggio, che ha il pregio di coniugare il rigore scientifico con un'esposizione chiara e accessibile, confuta punto per punto la teoria antropica e riconosce alla natura il ruolo che le spetta, quello di artefice dei cambiamenti climatici.
Tratto da: "Le vere cause del cambiamento climatico" di Gianfredo Ruggiero - 200 pagine, euro16=
SECONDA GUERRA MONDIALE,
potevamo starne fuori?
Una delle accuse più ricorrenti rivolte a Mussolini è quella di aver trascinato l'Italia in guerra. Ma, come vedremo, l'Italia non poteva rimanere fuori da un conflitto di portata mondiale, tanto più destinato a svilupparsi anche nel Mediterraneo, il Mare Nostrum.
L'Italia entrò in guerra il 10 giugno del 1940, un anno dopo lo scoppio del conflitto, basterebbe questa circostanza per ridimensionare la portata delle accuse di frenesia di guerra che gli sono rivolte.
Mussolini era riluttante in quanto consapevole dell'impreparazione e inferiorità militare dell'Italia rispetto a Francia e Gran Bretagna, e conscio dell'assoluta inaffidabilità dei vertici militari, in particolare di quelli della Regia Marina legati ai circoli massonici inglesi. Per questo motivo nel settembre del 1939, quando scoppiò il conflitto, si guardò bene dallo schierarsi risolutamente a fianco di Hitler, come invece prevedevano i termini dell'alleanza italo-tedesca.
Quando si decise a compiere il grande passo, la Germania era vittoriosa su tutti i fronti: dopo aver sbaragliato in poche settimane e con estrema facilità, quelli che all'ora erano considerati i più potenti eserciti al mondo, quello francese e quello inglese, i tedeschi avevano occupato gran parte dell'Europa continentale e si apprestavano ad invadere l'Inghilterra.
In questa situazione ci domandiamo, con chi l'Italia avrebbe dovuto allearsi, con la parte soccombente per essere a sua volta occupata dai tedeschi? Mussolini, infatti, temeva che schierandosi contro Hitler l'esercito tedesco, conclusa la campagna sul suolo francese, avrebbe potuto attaccare l'Italia non solo dal Brennero, ma anche attraverso la Francia appena occupata.
Dopo l'annessione dell'Austria nel 1938, Hitler guardava con crescente interesse al Sud Tirolo italiano, e in certi ambienti nazionalisti tedeschi riemergeva la tentazione di un accesso al mare Adriatico, evocando i confini dell'ex Impero asburgico. È in questo clima che Mussolini ordinò nel 1939 il potenziamento del Vallo Alpino (detto anche "linea non mi fido"), al confine con l'Austria, a dimostrazione della sua diffidenza verso la Germania, pur formalmente alleata.
Mussolini poteva anche rimanere neutrale seguendo l'esempio della Spagna di Franco, sostengono alcuni storici. Questo è vero, salvo poi pagarne le conseguenze: Hitler aveva già previsto di regolare i conti con il Caudillo dopo la conclusione del conflitto, accusato di scarsa riconoscenza per l'appoggio tedesco e italiano nella guerra civile spagnola e per aver negato il permesso di transito alle truppe tedesche per l'occupazione di Gibilterra (Operazione Felix).
La stessa opinione pubblica italiana, affascinata dalla stravolgente potenza tedesca, era passata dall'avversione alla guerra alla psicosi interventista, dalla non belligeranza all'ossessionante timore di arrivare tardi. In molti, da mesi, rimproveravano a Mussolini di "stare guardando troppo dalla finestra"(1).Situazione paradossale che lo porta a sbottare:
«Adesso tutti desiderano sparare il primo colpo di fucile. Il Re, lo Stato Maggiore, i gerarchi. Per quanto paradossale sembri, l'unico pacifista sono rimasto io, io solo!»
Perfino il re non risparmiava battute sul troppo esitante Mussolini. Al generale Puntoni, suo aiutante di campo, confidò:
«Il più delle volte gli assenti hanno torto»
...e l'avversione del re verso i tedeschi cessa di colpo quando Vittorio Emanuele III concede al Presidente del Reichstag Hermann Göring il Collare dell'Annunziata, la prestigiosa onorificenza che ne fa cugino del sovrano.
Tratto da "Le vere cause della Seconda Guerra Mondiale" di Gianfredo Ruggiero - 200 pagine, euro 14=
Il sogno della Grande Israele sta per realizzarsi,
ma a che prezzo?
Israele sapeva?
Senza in nessun modo sminuire la gravità dell'azione proditoria di Hamas, che va condannata con fermezza, è lecito, analizzando a freddo la dinamica degli eventi, porsi alcuni interrogativi.
Possibile che i servizi segreti israeliani - considerati tra i più potenti al mondo e in costante contatto con quelli statunitensi, che hanno dimostrato in più occasioni di conoscere alla perfezione gli spostamenti dei capi di Hamas per poi eliminarli fisicamente - non fossero a conoscenza di un'operazione tanto complessa e di tale portata, pianificata a lungo ed eseguita da 2.500 miliziani con l'utilizzo di droni, alianti, imbarcazioni e una grande quantità di automezzi di vario tipo e preceduta dal lancio di centinaia di razzi? Come hanno potuto i palestinesi di Hamas penetrare, uccidere, rapire e ritirarsi del tutto indisturbati?
Come mai l'esercito israeliano, in perenne stato di allerta in una società militarizzata e costantemente controllata, non è immediatamente intervenuto, di fatto lasciando mano libera ai palestinesi che hanno avuto anche il tempo e la tranquillità, stando alle fonti israeliane, di violentare le donne?
A fronte di queste evidenze, è più che legittimo sospettare che il governo israeliano fosse informato e abbia scelto di non intervenire, per poi sfruttare l'ondata emotiva internazionale come pretesto per scatenare una rappresaglia devastante.
Solo il futuro potrà forse rispondere a questi interrogativi. Oggi, la verità resta sepolta sotto le macerie di Gaza e sommersa dall'ipocrisia diplomatica.
Tratto da: "Storia del Razzismo, dalle origini alla Palestina di Oggi" di Gianfredo Ruggiero - 240 pagine euro 16=
DELITTO MATTEOTTI
Cento anni di falsità
A cento anni dal brutale assassinio di Giacomo Matteotti, la responsabilità, ieri come oggi, viene attribuita a Mussolini, nonostante le circostanze in cui avvennero i fatti indichino diversamente.
Alle elezioni del 6 aprile del 1924, le liste sostenute dal Partito Nazionale Fascista ottennero il 66,3 per cento dei voti validi. Il successo fu amplificato dalla nuova legge elettorale (legge Acerbo) che diede alla coalizione governativa la maggioranza assoluta dei seggi: 374 deputati su un totale di 535.
Durante la campagna elettorale pressioni e intimidazioni da parte fascista sicuramente ci furono, anche se non mancarono quelle di segno opposto che causarono la morte di 17 simpatizzati ed esponenti fascisti e altri 147 rimasero feriti, ma l'incidenza che ebbero sul risultato elettorale, vista l'ampiezza del successo ottenuto, fu del tutto marginale. Lo stesso Matteotti, nel suo celebre intervento alla Camera del 30 maggio 1924 con cui si scagliò con veemenza contro il governo, poté citare e documentare solamente un paio di casi, peraltro discutibili. Con la sua violenza verbale, Matteotti si proponeva in realtà di scavare un fossato incolmabile tra governo e opposizione per ostacolare un eventuale accordo tra le parti.
Matteotti, infatti, sapeva che Mussolini stava lavorando per spostare l'asse del suo governo a sinistra. Già circolavano i nomi per un rimpasto con ministri di area socialista (…) Secondo Arrigo Petacco (della stessa opinione è anche il De Felice), Mussolini in quei giorni sognava ancora di avvicinare i socialisti moderati e di realizzare un partito con loro. Questa svolta politica era vista come il fumo negli occhi non solo da Matteotti, ma anche dai ras fascisti più oltranzisti come il cremonese Roberto Farinacci.
A capo di una solida e compatta maggioranza parlamentare e forte dell'enorme consenso popolare e del prestigio internazionale di cui godeva, Mussolini non aveva nessun interesse a far riesplodere tensioni e violenze tra fazioni che avrebbero rigettato l'Italia nel caos. Al contrario, aveva tutto l'interesse a stabilizzare e tranquillizzare il Paese. I maggiori problemi non gli venivano da un'opposizione divisa e demoralizzata che ritirandosi sull'Aventino aveva rinunciato a combattere, ma dall'interno, da quei fascisti "puri e duri" che spingevano per la cosiddetta "seconda ondata" al fine di abbattere la monarchia e ridimensionare il peso politico della borghesia e del ceto industriale.
Il sequestro e il successivo assassinio di Matteotti furono, infatti, opera di un terzetto squinternato di loschi individui legati alle frange più fanatiche del Fascismo estremo, guidati da Amerigo Dumini, un membro della polizia politica. Che l'azione fosse opera di sprovveduti che volevano dare una lezione a Matteotti e non un omicidio premeditato, lo dimostrano l'orario, le 16:30, in pieno giorno, l'uso di una macchina con targa riconoscibile parcheggiata nei giorni successivi nel cortile del Viminale, la mancanza di attrezzi di scavo per occultare il cadavere, l'aver girovagato per diverse ore alla ricerca di un posto in cui seppellire grossolanamente il corpo, che, infatti, fu rinvenuto giorni dopo la confessioni degli autori che si ricordavano solo vagamente il luogo. Infine l'arma utilizzata per uccidere Matteotti nel corso della colluttazione avvenuta all'interno dell'abitacolo: una lima arrugginita trovata dall'autore del delitto nel cruscotto dell'auto.
Una violentissima campagna di stampa sostenuta da un'opposizione ringalluzzita additava il Capo del Governo quale ispiratore del sequestro Matteotti (…) Dopo giorni di angoscia, incerto tra l'apertura della crisi, il cui sbocco sarebbe stato imprevedibile, e la svolta autoritaria, il 3 gennaio 1925 con il suo famoso discorso alla Camera Mussolini, pur non essendone stato né il mandante né tanto meno l'ispiratore, per porre fine alla questione, si assunse la responsabilità politica dell'assassinio.
Convinti della totale estraneità del Duce erano la vedova Matteotti, Velia Titta, e il figlio Matteo. Lo conferma la vicenda del vitalizio concesso da Mussolini ai familiari di Matteotti, persone dignitose che mai avrebbero accettato quel denaro se avessero saputo che era stato proprio il Duce a pronunciare la condanna a morte del loro congiunto. Anche il suo principale accusatore, il giornalista Carlo Silvestri, capo redattore del Corriere della Sera, cambia opinione dopo aver acquisito nuove prove e testimonianze.
Ne sono convinti anche Giovanni Giolitti, Luigi Einaudi e Benedetto Croce che alla fine della discussione in Senato gli votano la fiducia, quest'ultimo si fa promotore di un ordine del giorno a favore di Mussolini. Perfino l'ambasciatore sovietico Jurenev non nutre alcun dubbio. Infatti, nel corso di un sontuoso pranzo organizzato l'11 luglio nell'ambasciata russa, Jurenev rinnova a Mussolini l'amicizia dell'Unione Sovietica. Incontro che susciterà l'irritazione di Togliatti, che nel suo tentativo di sfruttare la vicenda si ritrova a essere sconfessato anche da Stalin.
Dopo la fine della guerra, nel gennaio 1947, avvenne la revisione del processo che tra conferme e assoluzioni escluse la responsabilità diretta di Mussolini.
Tratto da "I danni del Fascismo e le colpe di Mussolini" di Gianfredo Ruggiero - 380 pagine, euro 16=
